domenica 24 ottobre 2010

HAWLEYWOOD´S BARBERSHOP



freak on a leash

90'S VINTAGE MOSCHINO ELECTRO HIGH WAISTED JEANS

mercoledì 20 ottobre 2010


 FEDERICO FELLINI a episodi

Uno dei fenomeni produttivi che contraddistingue il cinema italiano degli anni Sessanta è il film a episodi: i grandi maestri del dopoguerra, i padri fondatori e i rappresentanti della seconda generazione del neorealismo, insieme agli autori della nascente commedia e ai giovani cineasti esordienti, si trovano spesso coinvolti in progetti cinematografici collettivi e a più mani/occhi. Il fenomeno dei “film a puntate” tocca anche Federico Fellini che proprio in quegli anni, con un primo approccio nel decennio precedente, gira due episodi in altrettanti progetti.

Inizia nel 1953 con (1) Agenzia matrimoniale, quarto cortometraggio del zavattiniano L’amore in città, in compagnia di Carlo Lizzani (Amore che si paga), Michelangelo Antonioni (Tentato suicidio), Dino Risi (Paradiso per tre ore), Francesco Maselli/Cesare Zavattini (Storia di Caterina) e Alberto Lattuada (Gli italiani si voltano). Sarà poi la volta di (2) Le tentazioni del dottor Antonio, secondo episodio di Boccaccio ‘70 (1962), insieme a Renzo e Luciana (Mario Monicelli), Il lavoro (Luchino Visconti) e La riffa (Vittorio de Sica), e di (3) Toby Dammit, terzo mediometraggio di Tre passi nel delirio (1968), con Metzengerstein di Roger Vadim e William Wilson di Louis Malle.


Agenzia matrimoniale, 1953, 16' A un giovane giornalista viene affidata un’inchiesta sulle agenzie matrimoniali. Scettico, si finge cliente di una di queste, alla ricerca di una moglie per un suo ricco amico
 
Le tentazioni del dottor Antonio, 1962, 60' 
Antonio Mazzuolo (Peppino De Filippo) è un moralista intransigente e si dà un gran da fare per far togliere un grosso cartellone pubblicitario, posto proprio dinnanzi alle finestre di casa sua, sul quale campeggia l’immagine gigante di Anita Ekberg sdraiata su un divano e vestita con un provocante abito, che reclamizza le qualità nutrizionali del latte. Ossessionatone, Antonio vive negli incubi, attratto sessualmente dalla stessa immagine che vorrebbe censurare.
 
Toby Dammit, 1968, 37'
Tratto dal racconto (Non scommettere la testa col diavolo) - nel classico stile surreale tipico di Fellini, un attore alcolizzato accetta di girare un western all’italiana perché gli viene offerta una Maserati, ma ossessionato da un inconscio richiamo finirà per trovare la morte dopo una folle corsa.

Il genio creativo felliniano, che difficilmente si mette a servizio di progetti narrativi rigidi e pre-confezionati, rende piuttosto autonomi dal progetto collettivo ciascuno dei tre episodi girati. Sembra che per Fellini non conti molto l’adesione a un’idea comune da condividere, quanto l’espressione creativa di ossessioni e di visioni del tutto personali. Se per esempio lo scopo de L’amore in città era quello di far cimentare diversi registi col film-inchiesta (l’idea originale è di Cesare Zavattini: girare sei piccole rubriche su diversi aspetti dell’amore e del sesso nella metropoli), ritenuta l’unica forma capace di mostrare la necessaria e stretta dipendenza tra il cinema e il reale, Fellini non avrà alcun timore nel sottolineare la distanza che intercorre tra questa idea di fondo e il cinema che ha in mente (fu infatti l’unico episodio del film a non ricevere troppi apprezzamenti da parte dello stesso Zavattini). Ed ecco che allora anche Toby Dammit, che doveva semplicemente mettere in scena un racconto di Edgar Allan Poe (nello specifico Non scommettere la testa col diavolo), sarà un modo per far rivivere il grande rimpianto di un film che non riuscì mai a realizzare: Il viaggio di Mastorna (col quale esistono non poche convergenze). Più vicino ai dettami del progetto comune è invece Le tentazioni del dottor Antonio: Boccaccio '70 infatti, doveva prendere spunto dalle novelle boccaccesche per raccontare la trasformazione dei costumi dell’Italia del boom economico. Fellini sceglie ancora una volta il suo mondo ironico e onirico, popolato dai suoi tipici personaggi ‘macchiettistici’ (un grande Peppino de Filippo – del quale decorrono quest’anno trent’anni dalla morte – e Anita Ekberg).


Martedì 26 ottobre

Presso 
Auditorium Piazza della Libertà - Bergamo
Ore 20.30 Rassegna FEDERICO FELLINI a episodi

- Toby Dammit, Italia, 1968, 37'
- Le tentazioni del dottor Antonio, Italia, 1962, 60'
- Agenzia matrimoniale, Italia, Francia, 16'

in collborazione con Lab80Film

martedì 19 ottobre 2010

Franko B. I still love


Milano, 8 ottobre 2010 apre la mostra “Franko B. I still love”.

L’esposizione, curata da Francesca Alfano Miglietti, è promossa dall’Assessorato Cultura del Comune e prodotta dal PAC assieme a 24 Ore Cultura.


La mostra dell’artista milanese, che presenta circa 50 opere, resterà al PAC sino al prossimo 28 novembre.
“Impossibile per lo spettatore l’indifferenza – ha detto l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory -. Gesti che paiono estremi, riletti nella personale filosofia dell’artista, si caricano di tensioni emotive, ancestrali e ‘purificatorie’. Il Padiglione d’Arte Contemporanea, che già aveva ospitato l’artista nella mostra ‘Rosso vivo’ nel 1999, è la cornice perfetta per questa esposizione, che non teme di affrontare i temi più intimi e ‘tabù’ dell’uomo”. Presentando la mostra l’assessore Finazzer Flory ha annunciato la decisione di Franko B di donare al Comune di Milano un’opera esposta al Pac, intitolata Crosses (2009 - foto a lato): “Una mostra sull’amore che produce emozione e donazione”, ha commentato l’assessore.
Nel corso della conferenza stampa, il direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Brera, Gastone Mariani, ha consegnato a Franko B honoris causa il diploma di secondo livello in Comunicazione e Didattica dell'Arte, conferito, come illustrato nelle motivazioni lette dall’assessore Finazzer Flory, ”per la poeticità del senso del presente così assoluto in ogni sua opera. Franko B produce una nuova visione dell’arte mostrando una inedita visione del mondo, e il caos si trasforma in una rigorosa presenza performativa, contribuendo a distruggere facili immagini di un troppo ottimistico mondo dell’ordine estetico. La metafora è per Franko B il luogo della bellezza, e lascia tracce del proprio sangue sulla tela bianca usata nella performance… L’arte, come scelta e punto di osservazione, l’arte come direzione di sguardo, l’arte come capacità di rendere visibile l’invisibile. L’arte come progetto di nuovi mondi. A Franko B, l’Accademia di Belle Arti di Brera riconosce la particolare unicità, tipica di ogni autore, di rendere consapevoli”. 



Orari
Dal 10 ottobre al 28 novembre 2010:
lunedì 14.30 – 19.30, 
da martedì a domenica 9.30-19.30, 
giovedì 9.30-22.30
 
La biglietteria chiude un’ora prima
Tutte le domeniche alle ore 18.00, a partire dal 17 ottobre, visita guidata gratuita.

Biglietti: intero 6 euro, 
ridotto 4 euro, 

Per informazioni: tel. 02 884 46359/360

Immagini inquietanti / Disquieting images


Una raccolta internazionale di immagini inquietanti per i loro contenuti problematici come inquinamento, sesso, AIDS, mafia, sadomasochismo, guerra, droga, travestitismo, violenza sugli animali, sfruttamento della natura e dell’essere umano. Documenti e argomenti oscillanti tra vita e morte, tra erotismo e malattie terminali, che hanno sollevato proteste, discussioni e censure, sin dall’inizio del Novecento. Un percorso per immagini che trattano dalla diversità sociale alla psicologica, dalla condizione fisica alla sessuale a cui affiancare incontri e convegni non solo sulla fotografia, ma su altre arti.
Artisti in mostra: Julio Cesar Aguilar Fuentes, Diane Arbus, Letizia Battaglia, Nina Berman, Elena Dorfman, Donna Ferrato, Nan Goldin, Philip Jones Griffiths, Pieter Hugo, Alfredo Jaar, Yoshiyuki Kohei, Sally Mann, Robert Mapplethorpe, Mary Ellen Mark, Richard Misrach, James Nachtwey , Michael Nichols, Paolo Pellegrin, Gilles Peress, Eugene Richards, Lise Sarfati, Stephanie Sinclair, Brian Weil, Zalmai


19 Ottobre 10 - 09 Gennaio 11  
Orario: 10.30 - 20.30, chiuso il lunedì - Giovedì e venerdì 10.30 - 23.00  
Luogo: Triennale di Milano

lunedì 18 ottobre 2010

Salvador Dalí - il sogno si avvicina

Sabato 16.10.2010 risveglio caratterizzato da paesaggio asettico e torpore diffuso.
Riesco dopo infinite peripezzie a raggiungere la doccia.Calda, oserei bollente.

La stufa lotta per mantener viva quel briciolo di brace nel refrattario.





Salvador Dalí arriva a Milano. Dopo la personale che si nell’ottobre del 1954 nella Sala delle Cariatidi, il genio surrealista ritorna a Palazzo Reale. La mostra, prodotta da Comune di Milano e da 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, inaugura a Palazzo Reale il 22 settembre e termina il 30 gennaio 2011. L’esposizione, curata da Vincenzo Trione, è resa possibile grazie alla straordinaria collaborazione della Fondazione Gala-Salvador Dalí di Figueres e si avvale di importanti prestiti provenienti da musei nazionali e internazionali. L’allestimento è a cura dell’architetto Oscar Tusquets Blanca, amico e collaboratore di Salvador Dalí: autore, insieme con il Maestro surrealista, della sala Mae West nel museo di Figueres e del famoso sofà Dalilips. Per la prima volta la sala di Mae West verrà realizzata all’interno del percorso espositivo così come fu ideata dallo stesso Dalí: una sorprendente installazione contemporanea. Chiude il percorso il cortometraggio Destino di Salvador Dalì e Walt Disney, mai proiettato in Italia.

LE SEZIONI DELLA MOSTRA

La mostra intende approfondire il rapporto tra l’artista spagnolo e il tema del paesaggio. Si tratta di un aspetto poco conosciuto dal grande pubblico, che offre inattesi spunti di riflessione in merito al legame di Dalí con la pittura rinascimentale italiana, il surrealismo e la metafisica, in un processo che, secondo il curatore Vincenzo Trione, porta il pittore dal caos dell’inconscio al silenzio.
Quadri che vogliono documentare un “altro” Dalì: mistico, religioso, spirituale. 

1 Paesaggi storici: guardare dietro di sé e intorno a sé.
Nella prima Stanza dedicata alla Memoria saranno accostate le opere che illustrano il rapporto dell’artista con il passato come La Venere di Milo con tiretti, proveniente dal museo Boymansvan Beuningen di Rotterdam, o le tele dedicate a Velaquez.
Nella successiva Stanza del Male è illustrato il rapporto dell’artista con la contemporaneità: in particolar modo il tema affrontato è quello legato alla guerra (come nella Melanconia Atomica del Reina Sofia di Madrid e nel Visage de la guerre del Boijmans Museum di Rotterdam 

2 Paesaggi autobiografici: guardare dentro di sé
Nella Stanza dell’Immaginario sono presenti le opere più legate al periodo surrealista, in cui l’artista approfondisce le tematiche legate all’inconscio, all’introspezione e alla ricerca di sé: dalle Tre età dal Museo di St. Petersburg (Florida) alla Ricerca della quarta dimensione della Fondazione di Figueras.
L’immaginario surrealista, poi. prenderà vita all’interno della Stanza dei Desideri dove sarà ricostruita, in modo filologicamente ineccepibile e inedito, la celebre Stanza di Mae West ad opera dell’architetto Oscar Tusquets Blanca, che fu co-autore del progetto: come scrisse lo stesso Dalì in un’intervista (esposta in mostra) gli specchi utilizzati a Figueras dovevano essere in realtà sostituiti con schermi televisivi, confermando ancora una volta la sua precoce mediatica. 

3 Paesaggi dell'assenza: guardare oltre di sé
Infine, Dalì abbandona la rappresentazione della persona umana. E nella Stanza del Silenzio si fa sempre più forte l’assenza della figura sino alla sua sparizione e al trionfo del paesaggio. In un rimando metafisico che ha il suo climax nel Cammino dell’enigma (Fondazione Gala- Salvador Dalí Reina Sofia).
La Stanza del Vuoto è il punto di arrivo dove la pittura di caos si trasforma in pittura del silenzio. Dapprima, scenari segnati da desolanti inquietudini. Poi, addirittura l’astrazione, come testimonia l’ultimo olio dipinto dall’artista prima della morte, nel 1983, Il rapimento di Europa (conservato a Figueras): un monocromo azzurro, spaccato da ferite, quasi un involontario cretto.

4 Epilogo
La sezione conclusiva del percorso espositivo è una sintesi. Vi si documenta il rapporto tra Dalí e Walt Disney. In esposizioni, quadri che rivelano richiami classici, memorie rinascimentali, atmosfere metafisiche e iconicità pop.